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Cosa ci insegna la caduta dell’Impero Romano sulle pensioni in Italia

di Matteo Cadei

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La vita media si allunga e ci sono meno nascite. C’è da preoccuparsi se non si fanno abbastanza figli e la popolazione invecchia, e di questo se ne era già accorto l’Imperatore romano Augusto. Cosa ci insegna dunque la storia dell’antico e glorioso Impero Romano, con quello che sta accadendo ai giorni nostri in Italia e il suo inesorabile declino demografico per quanto riguarda le pensioni? Diamo uno sguardo alla storia e uno ai dati, e facciamo due conti.

La grande preoccupazione dell’Impero Romano

Proprio l’imperatore Augusto con la Lex Iulia de maritandis ordinibus del 18 a.C. (e successivamente con la Lex Papia Poppaea) introdusse vantaggi per chi si sposava e aveva figli, e sanzioni per i coniugati senza prole e per i celibi.

Tra le sanzioni erano compresi diversi vincoli nella possibilità di ricevere eredità e, persino, il divieto di assistere a spettacoli pubblici.

Un po’ come se oggi si impedisse a chi non ha figli di andare a vedere Juve-Milan allo stadio.

Sembra che anche Cesare, preoccupato dal calo della popolazione dovuto alle guerre civili, avesse garantito dei sussidi a chi aveva molti figli. 

Forse tanto Cesare quanto Augusto erano stati lungimiranti, almeno se si prende per buona la tesi dell’autore francese Michel De Jaeghere.

Nel suo libro Les derniers jours, egli sostiene che l’Impero romano crollò per effetto del calo demografico che si registrò tra la fine del II secolo e la fine del IV secolo d.C., con una riduzione di un quarto della popolazione dell’Impero.

Questo avrebbe portato ad un enorme calo della competitività dell’impero, una riduzione della sua forza militare, e ne accompagnò l’inesorabile declino.

L’andamento della popolazione in Italia

In Italia la situazione è simile.

Negli ultimi cinquant’anni la popolazione italiana è aumentata poco, anzi più di recente ha cominciato a ridursi, nonostante l’aumento dell’immigrazione. 

Il tasso di crescita della popolazione, che era stato un po’ al di sopra del 3% ogni quinquennio fino alla metà degli anni settanta, è poi crollato a poco più di zero durante gli anni ottanta e novanta.

Eravamo 56 milioni e mezzo a fine 1980; vent’anni dopo eravamo ancora un po’ al di sotto dei 57 milioni.

Un aumento di mezzo milione di persone in vent’anni: quasi niente. 

Poi c’è stata una ripresa con tassi di crescita quinquennali intorno al 2 per cento tra il 2000 e il 2010, essenzialmente per via dell’immigrazione. 

Ma abbiamo poi rallentato di nuovo negli ultimi anni e, per la prima volta nel dopoguerra, la popolazione italiana si è ridotta nel corso del 2015 e del 2016 (di circa 200.000 unità nel biennio).

E, ultimo dato, al 31 dicembre 2019 la popolazione residente in Italia è inferiore di quasi 189 mila unità (188.721) rispetto all’inizio dell’anno. 

Il persistente declino avviatosi nel 2015 ha portato a una diminuzione di quasi 551 mila residenti in cinque anni.

È iniziata la decrescita.

Non solo meno, ma più vecchi

La seconda cosa che ci dicono le statistiche sul problema demografico, riguarda l’età media della popolazione italiana.

Piramide popolazione italiana 1959

Partiamo sempre da una cinquantina d’anni fa. 

Nel 1970 l’età media degli italiani era di 32,8 anni, ed eravamo nel gruppo dei principali paesi avanzati. 

Non eravamo tanto giovani quanto gli Stati Uniti (28,3 anni), il più giovane tra i principali paesi, ma eravamo più giovani di tanti altri paesi del Nord Europa, come la Germania (34,1 anni), il Regno Unito (34,2 anni) o la Svezia (35,4 anni). 

Saltiamo in avanti di 50 anni. 

L’età media oggi in Italia è salita a 45 anni (44,9).

Piramide popolazione italiana 2019

L’età media di un paese può aumentare per due motivi. 

  • Il primo è che si vive più a lungo, e questo ovviamente è un bene (un ringraziamento alla scienza e alla medicina per questo)

Il numero di persone che raggiungeranno età avanzate continuerà ad aumentare: i maschi nati oggi hanno un’aspettativa di vita di oltre 80 anni, le femmine di oltre 85 anni, un raddoppio rispetto all’inizio del secolo scorso.

A parità di altre condizioni, l’aumento dell’aspettativa di vita dovrebbe portare a un aumento della popolazione. 

Il fatto invece che la popolazione cresca poco o non cresca, nonostante il maggior numero di anziani, è dovuto al secondo fattore che ha influito sull’età media della popolazione.

  • Il crollo della natalità, crollo evidente in tutt’Italia

La diminuzione delle nascite 2019 (-4.5%) è di oltre 19 mila unità rispetto al 2018.

Quali sono le conseguenze del trend demografico italiano su società e pensioni?

I cambiamenti demografici hanno un enorme impatto sulla società.

L’aumento dell’aspettativa di vita, e quindi del numero degli anziani, combinato con la riduzione del numero di figli, quelli che in età adulta possono sostenere gli anziani nel pagare le pensioni, può avere (e avrà) un effetto devastante sui conti pubblici di un paese.

Già qualcosa oggi sta iniziando a scricchiolare. 

Con un notevole grado di certezza, fa sapere l’Ufficio studi della CGIA, possiamo affermare che il numero delle pensioni erogate in Italia ha superato quello degli occupati.

Sorpasso pensioni buste paga

In virtù degli ultimi dati disponibili, se nel mese di maggio coloro che avevano un impiego lavorativo sono scesi a 22,77 milioni di unità, gli assegni pensionistici erogati sono superiori.

Al 1° gennaio 2019, infatti, la totalità delle pensioni erogate in Italia ammontava a 22,78 milioni.

Se teniamo conto del normale flusso in uscita dal mercato del lavoro da parte di chi ha raggiunto il limite di età e dell’impulso dato dall’introduzione di “quota 100”, successivamente all’1 gennaio dell’anno scorso il numero complessivo delle pensioni è aumentato almeno di 220 mila unità.

Sottolinea il coordinatore dell’Ufficio studi Paolo Zabeo: 

“Il sorpasso è avvenuto in questi ultimi mesi. Dopo l’esplosione del Covid, infatti, è seguito un calo dei lavoratori attivi. Con più pensioni che impiegati, operai e autonomi, in futuro non sarà facile garantire la sostenibilità della spesa previdenziale che attualmente supera i 293 miliardi di euro all’anno, pari al 16,6 per cento del Pil.

Con culle vuote e un’età media della popolazione sempre più elevata, nei prossimi decenni avremo una società meno innovativa, meno dinamica e con un livello e una qualità dei consumi interni in costante diminuzione”.

Come se la passano gli altri Paesi

La questione dell’invecchiamento della popolazione non è un problema solo italiano.

Riguarda, purtroppo, la stragrande maggioranza dei paesi più avanzati economicamente. Giappone e Germania, ad esempio, presentano degli indicatori demografici molto simili ai nostri.

Il problema è stato messo all’ordine del giorno addirittura nel G20 tenutosi ad Osaka l’anno scorso che lo ha definito, per la prima volta nella storia, un rischio globale.

Per quali ragioni i grandi della terra si sono occupati di demografia ?

Il fenomeno dell’invecchiamento della popolazione è rilevante non solo per le conseguenze sociali ma, come detto, anche per quelle economiche in termini di spesa sanitaria e di sostenibilità del sistema pensionistico.

  • “Perché dovrei pensare a integrare la mia pensione visto che ho sempre lavorato e pagato i contributi?”
  • “Perché dovrei pensare alla mia pensione se ho 35 anni?”

Ecco perché.

Popolazione e PIL, facciamo due conti

Analizziamo l’effetto dello shock demografico sul reddito prodotto in Italia: il Pil. 

(Seguimi bene ora in questi passaggi!)

Uno dei modi per calcolare il Pil consiste nel moltiplicare il numero di persone occupate per il prodotto per occupato, ovvero la “produttività per occupato”. 

Se ci sono 1000 persone al lavoro in un paese e ognuna produce beni per 1000 euro, il prodotto totale, il Pil, è di un milione di euro (1000×1000=1.000.000).

Per cui, per capire come influiscono i cambiamenti demografici sul Pil, possiamo chiederci come questi influiscono sul numero di persone al lavoro e sulla produttività di chi lavora.

Cominciamo con il numero di persone al lavoro, che dipende da diversi fattori.

Ad esempio ci saranno meno occupati se gli imprenditori non assumono perché non pensano di riuscire a vendere, oppure se le persone optano per prendere il Reddito di cittadinanza per non lavorare al posto di cercare lavoro.

Ma il punto di partenza per capire quante persone potenzialmente possono lavorare è verificare quante persone sono in età lavorativa (compresa tra i 16 e i 64 anni).

Se calano le nascite, dopo un po’ calerà anche il numero di persone in età lavorativa.

Le analisi hanno solitamente portato alla conclusione che la produttività di chi lavora è molto influenzata dall’invecchiamento della popolazione.

Per esempio, uno studio econometrico pubblicato da tre economisti del Fondo monetario internazionale, a fine 2016, focalizzato sui paesi europei, conclude che un aumento di un punto percentuale della quota di lavoratori di età compresa tra i 55 e i 64 anni sul totale dei lavoratori è accompagnato da una riduzione della crescita della produttività annua per lavoratore almeno dello 0,25 per cento.

L’Italia, nel 2017, era uno dei paesi che spendeva di più rispetto al Pil per le pensioni.

Una percentuale intorno al 16%. A inizio 2020 la situazione non è cambiata.

MA, questo prima del covid-19 e prima del blocco quasi totale dell’economia.

Se il Pil diminuisse (e diminuirà) e la spesa per le pensioni rimanessero le stesse: il rapporto aumenterebbe (e aumenterà).

Come risolvere il problema pensione?

Insomma, quello del crollo demografico non è un problema da prendere alla leggera, ne va la tua pensione, quella del tuo vicino di casa e in generale di tutti.

Prima o poi, se l’Italia non si riprenderà dal punto di vista economico, succederà una di queste cose:

  • Si andrà in pensione ancora più tardi
  • Si prenderanno ancora meno soldi per andare in pensione

(O, verosimilmente, entrambi).

Per questo motivo è importante pensare già oggi a diventare il più indipendenti possibile da questo sistema, cominciando ad avere un occhio sul lungo periodo.

La pensione è e sarà sempre più una responsabilità individuale, da costruire autonomamente e di cui devi occuparti oggi.

Il tutto all’interno di una strategia più ampia e di lungo termine.

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A presto,

Matteo

 

di Matteo Cadei

Financial Analyst di Lixi Invest

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