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La folle storia della
Bolla dei Mari del Sud

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Ci sono storie che, nonostante il passare dei secoli, continuano a fornire insegnamenti utili a noi investitori del ventunesimo secolo. Una di queste è la vera e folle storia della Bolla dei Mari del Sud.

Storia

Perché la storia si ripete (anche nei mercati finanziari)

Quante volte hai sentito dire che la storia si ripete?

Questa frase è dello storico e militare Tucidide di Atene, vissuto nel 460 a.C.

Sì, qualche annetto fa.

Oppure quante volte hai letto la citazione:

Chi non conosce la storia è condannato a ripeterla“?

Questa frase appare in un’opera di George Santayana, filosofo e scrittore spagnolo, vissuto a cavallo tra ‘800 e ‘900.

Un personaggio già più vicino ai nostri tempi.

Questo mi porta a un’altra celebre frase (la cui origine è incerta, ma viene attribuita erroneamente ad Einstein):

Follia è il ripetere continuamente la stessa azione e aspettarsi un risultato diverso“.

Ripresa anche nel film “Wall Street, il denaro non dorme mai”, la frase viene estesa aggiungendo:

[…]Se è così quasi tutti noi siamo folli, ma non nello stesso momento. E confidiamo proprio in questo. Ma se sempre più persone impazziscono nello stesso momento?

Il fatto che la storia si ripeta, almeno sui mercati finanziari, non è la conseguenza di invariate condizioni economico-finanziarie.

Anzi, uno dei campi maggiormente interessati dal cambiamento, soprattutto negli ultimi due secoli, è di sicuro quello economico-finanziario.

Sono cambiati gli strumenti finanziari, sono cambiati il numero e la tipologia degli attori coinvolti, sono cambiati i capitali interessati e come questi si spostano.

E di pari passo, sono state modificate anche le norme che regolano i mercati finanziari.

E allora ti chiederai:

com’è possibile che con più mezzi, più informazioni, più strumenti e più persone, certi eclatanti accadimenti continuano a ripetersi a distanza di anni?

La ragione è che l’elemento “emozioni umane” è rimasto invariato nei secoli.

Parlo per esempio della felicità.

L’uomo la provava allo stesso modo mille anni fa, cinquecento anni fa, all’epoca dei tuoi nonni e oggi.

Magari cambiano i motivi per cui essere felici, i modi in cui la esprimiamo e la sua durata, ma in sostanza, questa emozione, è universalmente riconoscibile.

E sui mercati finanziari le emozioni non fanno eccezione.

Emozioni

Essere felici per un guadagno portato a casa.

Essere tristi per aver disinvestito troppo presto.

Essere ottimisti quando il proprio portafoglio tra alti e bassi continua a darti rendimenti positivi.

Essere arrabbiati con se stessi o con il mercato (che agli occhi dell’investitore diventa un essere antropomorfo capace di intendere e di volere) quando in pochi giorni evaporano i guadagni di mesi o anni.

E ancora rimorso, noia, euforia, avidità, aggressività, fiducia.

Il mercato viene inondato di continue emozioni positive e negative.

Alla faccia della raccomandazione di essere freddi e razionali!

Se a volte cadi preda delle tue emozioni, non devi fartene una colpa: è un fatto quasi inevitabile.

Certamente è vero che quando ti trovi nell’arena finanziaria (ma anche in altri campi), le emozioni possono allontanarti dai tuoi obiettivi di investimento.

Perché?

Soprattutto perché i mercati finanziari sono una folla di persone.

Potresti obiettare che in realtà gli attori che contano sono solo istituzioni.

Istituzioni impersonali come i fondi speculativi, le banche d’investimento, i fondi pensione e, per i più tecnici, le intelligenze artificiali (come il trading ad alta frequenza).

Chiaro, rispetto ai piccoli investitori, gli attori che ho appena citato sono di sicuro quelli più importanti e decisivi sui mercati finanziari.

Tuttavia, vorrei ricordare che gli interessi e gli obiettivi di banche, fondi e via dicendo vengono decisi da persone.

Possono essere l’elite, possono essere multimiliardari o milionari, professionisti del settore, figure potenti in possesso di informazioni privilegiate, ma alla fine si tratta pur sempre di persone.

E anche loro sono contagiati dalle emozioni.

Folla

Come nascono le bolle finanziarie

Per il solo fatto di far parte di una folla, l’uomo discende di parecchi gradi la scala della civiltà. Isolato, sarebbe forse un individuo colto, nella folla è un istintivo, per conseguenza un barbaro”.

La folla […] è guidata quasi esclusivamente dall’istinto. I suoi atti subiscono molto più l’influenza del midollo spinale che quella del cervello”.

Nelle folle si accumula la stupidità, non il buon senso”.

Queste sono alcune celebri frasi tratte da “La psicologia delle folle”, del 1895, di Gustave Le Bon (personaggio molto controverso perché sosteneva delle teorie a favore del colonialismo e appoggiava alcune idee che affermavano l’esistenza di razze umane superiori).

Ora, che tu condivida o meno i concetti espressi dalle precedenti citazioni, è risaputo che sui mercati finanziari (e non solo) eventi ritenuti troppo folli per accadere, nella realtà possono succedere davvero.

E ripetutamente.

Tra gli eventi più eclatanti, ci sono quelli che ormai da secoli chiamiamo “bolle”.

Il termine “bolla”, riferito ai mercati finanziari, ha avuto origine tra il 1711 e il 1720, durante quell’evento che sarebbe poi stato ricordato come la Bolla dei Mari del Sud.

All’epoca venivano chiamate “bolle” quelle aziende le cui azioni si erano gonfiate a dismisura.

Solo più tardi, la parola “bolla” verrà utilizzata per etichettare quelle crisi finanziarie, durante le quali determinati mercati o settori subiscono un’esplosione del prezzo degli asset finanziari a livelli inverosimili e del tutto scorrelati con le prospettive future.

Bolla

Ma torniamo un attimo al tema “emozioni”.

Qual è la caratteristica fondamentale di qualsiasi boom spettacolare che si ricordi nella storia?

La sfrenata corsa guidata dall’avidità e dall’euforia.

Gli attori del mercato, come in preda alla frenesia, tagliano qualsiasi legame con la razionalità e lo scrupolo, sostituendole con esaltanti illusioni sulla loro personale capacità di creare montagne di soldi.

Buffett, ad esempio, definisce l’avidità e la paura come gravi epidemie che periodicamente colpiscono i mercati.

Le bolle sono dunque il risultato di emozioni come l’avidità e l’euforia, che prendono il sopravvento sulla folla di investitori nei mercati finanziari.

Allora potresti chiederti:

come mai sui mercati finanziari non si alternano continuamente ondate di euforia e di panico?

Perché è vero che i mercati sono una folla di persone ed è vero anche che queste persone provano di continuo sentimenti diversi.

Tuttavia, per arrivare a uno scenario estremo come quello di una bolla, la maggior parte della folla deve agire spinta dal medesimo sentimento e nel medesimo periodo tempo.

E questo non sempre accade, fortunatamente.

Sui mercati si combattono sempre schieramenti che attaccano, che difendono o che rimangono neutrali sui diversi campi finanziari.

Quando in uno specifico campo non ci sono più eserciti di investitori che difendono o rimangono neutrali, ma tutti si schierano sul lato degli attaccanti, il risultato diventa quasi certo.

Prezzi irrealistici possono reggere anche per un un po’ di tempo, a volte anni, ma alla fine tutto torna alla normalità.

Ma l’inversione di rotta arriva improvvisa ed inaspettata come un terremoto.

“E quanto più la sbronza è stata pesante, tanto più forte sarà il mal di testa” come scrive Burton Malkiel in “A spasso per Wall Street”.

Veliero

La Bolla dei Mari del Sud

Immagina che un consulente finanziario ti chiami per raccomandarti un investimento.

Un investimento su una nuova società, che non hai mai sentito prima e che non produce né vendite, né guadagni.

Ah, però questa società ha grandi prospettive.

E quando chiedi al consulente “Ma allora cosa fa questa società?”, il consulente ti risponde “Mi spiace, nessuno deve sapere di che cosa si tratta, ma posso prometterti ricchezze incredibili”.

Anche chi non ha mai fatto investimenti penserebbe subito a una truffa colossale.

E infatti è così.

Però sappi che 300 anni fa, in Gran Bretagna, affaroni come questi erano diventati la moda più popolare di quel periodo.

Ti chiederai se gli inglesi fossero del tutto stupidi o fuori di testa, ma non giudicherei troppo severamente gli antenati di oltre Manica.

Ma facciamo un passo indietro.

Nel ‘700 la Gran Bretagna era da tempo al centro del mondo con le sue colonie, la sua flotta navale senza rivali e un commercio che potremmo definire quasi globale.

In generale, gli inglesi avevano accumulato una vasta ricchezza, ma le opportunità di investimento scarseggiavano.

All’epoca possedere azioni era un privilegio di pochi, anzi pochissimi.

Conta che, nel 1693, solo 499 persone possedevano azioni della Compagnia delle Indie Orientali, una società che era in attività fin dal 1600 e che giunse a dominare i flussi commerciali con l’Asia (la potremmo definire l’Apple di quei tempi).

Ma la protagonista della nostra storia, come si capisce dal titolo, è la Compagnia dei Mari del Sud.

Questa compagnia, venne creata nel 1711 con l’obiettivo di restaurare la credibilità del governo.

Le finanze dell’impero erano provate, poiché era necessario finanziare l’esercito, impegnato in diverse guerre, ma anche perché esisteva una gestione non centralizzata del debito.

Con un debito pubblico che ammontava a 9 milioni di sterline, il governo aveva bisogno di dimostrare di avere la capacità di far fronte agli impegni presi.

Venne perciò deciso che la Compagnia dei Mari del Sud si facesse carico di parte del debito governativo; in cambio, ad essa veniva riconosciuto un interesse annuo e il monopolio di tutti i traffici nei Mari del Sud.

In pratica, i titoli di Stato vennero trasferiti alla Compagnia dei Mari del Sud, la quale, in cambio, emise azioni per lo stesso importo.

Obbligazioni governative in cambio di azioni.

Una manovra ardita non c’è che dire, ma ciò che il pubblico percepì fu la possibilità di guadagnare immense ricchezze.

Perché?

Perché, come detto prima, alla Compagnia dei Mari del Sud venne dato il monopolio dei flussi commerciali nei Mari del Sud, che comprendevano il Pacifico e in particolare le coste dei paesi dell’America Latina e dei Caraibi.

Mappa rotte Compagnia dei Mari del Sud

Chiaro che, essendo una potenza commerciale che aveva accumulato prosperità proprio grazie al fiorire degli scambi commerciali, gli inglesi guardarono con particolare favore le azioni della Compagnia.

Peccato che neanche uno dei dirigenti della Compagnia aveva la benché minima esperienza di commercio con l’America Latina.

Gli investitori si trovavano davvero in buone mani!

Questi dirigenti erano però bravissimi nel gestire l’immagine pubblica dell’azienda.

Non avevano nulla da invidiare alle tecniche di public relations e di marketing di oggi.

Per esempio, affittarono una lussuosa residenza nel centro di Londra, nella quale gli investitori in visita potevano rifarsi gli occhi con la ricercatezza dell’arredamento; in questo modo, gli investitori venivano rassicurati sulla salute impeccabile dei propri investimenti.

Forse la nonna non aveva mai detto loro che “non è tutto oro quello che luccica” e di “non fidarsi delle apparenze”.

Perché, nel frattempo, il commercio di schiavi non riuscì a generare profitti, a causa dell’alto tasso di mortalità sulle navi; inoltre, il carico di lana inviato sulle coste del Sud America non trovò acquirenti, rimanendo così a marcire.

In più, scoppiò anche una bella guerra con la Spagna, che portò ad un momentaneo collasso delle attività commerciali.

Nonostante tutto, le azioni della Compagnia mantennero il loro valore, arrivando addirittura a crescere.

Ti chiederai come è stato possibile tutto questo.

Certo che non c’era la possibilità di reperire informazioni così facilmente come oggi (se poi sono quelle giuste è un’altra storia).

Tuttavia, gli inglesi erano abituati ad essere in guerra, quindi non sorprende più di tanto il fatto che ci fossero periodi di stallo commerciale.

Ma di sicuro in questa occasione c’è stato un deliberato occultamento della verità.

John Carswell, autore del libro “The South Sea Bubble”, ha raccontato la storia di uno dei dirigenti della Compagnia, descrivendo questo personaggio con la frase:

[questo dirigente] continuò a vivere la sua vita con un breviario nella mano destra e prospetti contabili nella sinistra, senza mai far conoscere alla mano destra cosa faceva con la sinistra”.

Questo è per farti capire come la dirigenza truccava i bilanci senza ritegno.

Contemporaneamente, in Francia, aveva preso piede una nuova compagnia commerciale: la Compagnia del Mississippi.

Questo risvegliò un fervente nazionalismo nei cuori delle famiglie inglesi più ricche, che non potevano sopportare che i capitali andassero in Francia, alla Compagnia del Mississippi.

E per tutti loro la soluzione sembrò essere univoca: la Compagnia dei Mari del Sud.

Inoltre, le sue prospettive future sembravano migliorare, visto che la pace con la Spagna era vicina e questo avrebbe riaperto le rotte dei traffici con il Sud America.

Nel 1720 i dirigenti della Compagnia decisero di sfruttare questa ondata di ottimismo e fiducia, offrendosi di capitalizzare l’intero debito pubblico inglese che valeva circa 31 milioni di sterline (era salito molto a causa dei costi della guerra contro la Spagna).

Grafico debito Gran Bretagna dal 1700 al 2010

Questa offerta venne accolta con entusiasmo.

Infatti, quando venne presentato in Parlamento un disegno di legge per rendere operativa questa offerta, il valore delle azioni balzò da 130 a 300 sterline in un batter d’occhio.

E una volta passato il disegno di legge, la Compagnia fece una nuova emissione di azioni a 300 sterline.

Cadde in tentazione lo stesso Re Giorgio, il quale sottoscrisse ben 100 mila sterline in azioni.

E successe quello che oggi succede quando un grande e importante investitore compra una certa azione: sciami di investitori si fiondano sul miele.

(Ma noi sappiamo bene che ascoltare i consigli di investimento di un miliardario non è mai una buona idea).

Questo scatenò una corsa all’acquisto delle azioni della Compagnia, che, per soddisfare le richieste, dovette emettere altre azioni, questa volta però a 400 sterline (più il tuo prodotto è richiesto, più lo fai pagare).

La bramosia del pubblico era senza freni e le azioni salirono a 550 sterline in un mese.

Un’ennesima emissione fu seguita da una rapida crescita a 800 sterline.

Quando numerosi esponenti della Camera dei Lord e della Camera dei Comuni acquistarono azioni, il prezzo arrivò a superare le 1000 sterline.

Questo fu il culmine della frenesia speculativa.

Per quanto avida fosse la Compagnia dei Mari del Sud, neppure lei era più in grado di far fronte alle richieste di tutti quegli investitori che cercavano di separarsi dal loro denaro così disperatamente.

E allora gli investitori si misero alla ricerca della “nuova” Compagnia dei Mari del Sud.

Per loro estrema fortuna, un gruppo di promotori inondò il mercato con un’alluvione di nuovi affaroni.

Ma affaroni di quelli che te li raccomando.

I meno strampalati riguardavano l’importazione di asini dalla Spagna, anche se ce n’erano più che a sufficienza in Gran Bretagna, oppure la purificazione dell’acqua salata per renderla potabile, o ancora il commercio di capelli umani.

Altri progetti erano proprio campati per aria, come l’estrazione di argento dal piombo, di luce dai cetrioli, o addirittura la produzione di una ruota a moto perpetuo.

Vennero fuori come funghi quasi un centinaio di progetti, sempre più assurdi ed ingannevoli, con in comune il fatto di offrire la prospettiva di guadagni illimitati.

Ed ecco qui le nostre “bolle”: il nome migliore che si potesse usare per chiamare aziende che come bolle scoppiavano rapidamente.

Però il pubblico sembrava disposto a comprare qualunque cosa.

Proprio durante quel periodo di euforia ci fu un personaggio che lanciò “una Compagnia per realizzare un’impresa di grandissimo vantaggio, ma nessuno sa cosa sia”.

Il prospetto di investimento diceva proprio così, però prometteva anche rendimenti stellari.

Una sorta di mystery box, molto misteriosa e che conteneva ben poco.

Bene, sappi che si creò lo scenario Black Friday in Usa.

Fin dall’apertura delle sottoscrizioni, folle di persone si accalcarono al portone d’ingresso, accapigliandosi per riuscire a sottoscrivere le azioni.

Nel giro di 5 ore, 1.000 investitori avevano consegnato la loro quota di soldi e il promotore dell’iniziativa chiuse l’ufficio, se ne andò e di lui non si seppe mai più nulla.

Ma no dai, non me lo sarei mai aspettato!

È brutto a dirlo ma a volte truffatori e truffati si condividono la colpa.

Infatti, durante la bolla speculativa, non tutti gli investitori credevano veramente nella fattibilità delle proposte di affari che stavano acquistando.

Quindi un po’ di raziocinio qualcuno ce l’aveva.

Però peccarono di superbia, facendo l’errore di credersi più furbi ed intelligenti di altri.

Questi credevano nella teoria che i prezzi avrebbero continuato a salire perché ci sarebbe stato sempre qualcuno disposto ad acquistare le azioni, mentre loro avrebbero continuato a guadagnare.

Quando i nodi vennero al pettine, questa convinzione divenne la rovina di questi furbi e intelligenti investitori.

All’inizio, anche se molte bolle si erano sgonfiate, questo non spense il generale entusiasmo.

Lo tsunami si scatenò quando la Compagnia dei Mari del Sud (ovvero dove tutto era cominciato), subì l’ultima scossa.

Intorno all’agosto 1720, rendendosi conto che il valore delle azioni era andato del tutto fuori controllo ed era completamente scollegato dalle reali possibilità della Compagnia, i dirigenti e altri dipendenti vendettero le proprie azioni.

E quando la notizia che gli insider stavano vendendo cominciò a circolare, il valore delle azioni crollò, generando il panico.

Grafico dell'andamento del titolo della Compagnia dei Mari del Sud

Gli ufficiali governativi cercarono invano di ristabilire la fiducia, ma riuscirono a malapena ad evitare un completo collasso del debito pubblico.

Da quel momento, il Parlamento inglese approvò il “Bubble Act”, che proibiva alle aziende di emettere titoli azionari.

Da allora, per oltre un secolo (fino all’abolizione della legge nel 1825) sul mercato britannico ci furono ben poche azioni.

Piccola curiosità.

Tra le persone rimaste scottate dalla bolla dei Mari del Sud, ci fu anche il fisico e matematico Isaac Newton.

È relativamente a questo brutto episodio che Newton esclamò:

Posso calcolare il moto dei corpi celesti, ma non la follia della gente“.

Inizialmente Newton aveva già venduto le azioni della Compagnia con un profitto del 100% per un totale di 7.000 sterline (poco più di 1 milione di dollari di oggi).

Ma qualche mese dopo si fece trascinare dall’entusiasmo generale e ricomprò le azioni ad un prezzo molto più alto, finendo per perdere 20.000 sterline (che corrispondono a circa 3 milioni di dollari di oggi).

Grafico dell'andamento del titolo della Compagnia dei Mari del Sud e dei movimenti di Newton

Non stupisce che da quel giorno in avanti, Newton proibì di pronunciare le parole “Mari del Sud” in sua presenza.

Newton non è passato alla storia come uno dei più grandi scienziati per nulla.

Fu un personaggio di grande intelletto, teorizzò i principi della dinamica e la legge di gravitazione universale.

Nonostante tutto, anche Newton era un uomo che provava le stesse emozioni che in quel periodo avevano sopraffatto la maggior parte degli investitori: l’euforia e l’avidità.

Euforia e avidità che si erano diffuse come una epidemia nella folla.

La Bolla dei Mari del Sud” è una di quelle storie che risale a un tempo remoto, così lontano che sembra impossibile che ci possa toccare da vicino.

Ma diversi episodi nei secoli successivi provarono il contrario.

Ogni cosa ha una morale, basta saperla trovare

scriveva Lewis Carroll in “Alice nel paese delle meraviglie”.

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di Paolo Di Domenico

Financial Market Analyst di Lixi Invest

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